venerdì 12 novembre 2010

L'Oceano

Cristina: Stupirsi come bambini

Oggi è mercoledì.
E come ogni mercoledì, se non piove e qui fortunatamente accade di rado, ho un appuntamento fisso ormai da qualche mese con il mio ingegnere, per pranzo.
Ci incontriamo a metà strada tra il suo ufficio e il nostro appartamento e quindi al Riviera Village, praticamente il centro (vero eufemismo per le cittadine o i distretti di Los Angeles) di Redondo Beach.
A mezzogiorno esco di casa e m’incammino verso il luogo dell'incontro percorrendo la strada che costeggia l'oceano. Il cielo è un po' nuvoloso, il vento è abbastanza forte da increspare il mare e creare, sulla battigia, uno sciabordio schiumoso e rumoroso.
Cammino come al solito, pensando ai fatti miei ma sempre con lo sguardo rivolto verso l'oceano, come per respirarne un po' e a volte, grazie al vento, succede davvero.
E mentre procedo gli occhi catturano un movimento e una macchia scura nell'acqua che quasi istintivamente riconosco: i delfini!
Non so cosa sia, forse il fatto di averli sempre ammirati solo in tv o negli acquari, ma ogni volta che li vedo così liberi in mare aperto e comunque vicinissimi alla riva, entrare ed uscire dall'acqua con quel loro stile inconfondibile mi sento come una bambina e dentro di me esclamo a gran voce: i delfini!
Guardo bene, ce n'è uno, no sono due, macché addirittura tre: che spettacolo!
E sorrido e percorro la mia strada più leggera e contenta.
Oggi però c'è di più: il mio sorriso viene condiviso.
Incedo ad un passo medio, non ho fretta e ho quasi superato una panchina in cui è seduta una donna di cui non saprei definire l'età ma che mi sembra più giovane che avanti con gli anni. Io sto pensando ai delfini e lei mi dice, con un tono di voce leggermente alto, quasi a volermi impedire di scappare e di ignorare il suo richiamo: “ci sono i delfini, oggi!”.
Mi fermo di scatto e mi giro sorpresa per due motivi; il primo perché ho capito, nonostante il mio inglese da sopravvivenza e il secondo perché sembrava mi stesse leggendo nel pensiero. Scambiamo due parole in proposito e ci salutiamo proseguendo ognuna per la nostra via.
Mi piace pensare che anche lei per qualche istante si sia sentita tornare bambina e non abbia resistito a condividere il suo stupore, quello innocente dei bambini che si meravigliano di fronte alla normalità della natura.
Una passeggiata di novembre da ricordare.

Enza: “Avvisiamo i signori viaggiatori che a breve avrà inizio la traversata dell’oceano Atlantico”.

L'oceano
L’ho conosciuto un pomeriggio d’autunno, quando chiesi a mia zia di portarmi al mare, sentivo il bisogno di ritrovare la mia dimensione, di contenere gli effetti della frenesia che mi aveva travolto dal giorno in cui avevo messo piede sul suolo americano.

Ricordo l’espressione tra il divertito ed il malinconico della zia quando esclamò: “O my God, ma qui il mare non è like in Sicilia”. Le risposi che il mare è mare e che al massimo l’oceano era solo più grande!!!
Sono un’isolana, nata in un mese caldo e la mia pelle è intrisa di salsedine.
Il mio mare, fino a quel giorno, era fatto di cose semplici, di un blu inebriante e rassicurante. Quando i turisti andavano via, ed il mare cominciava a prepararsi all’inverno, amavo sedermi sulla spiaggia incastonata tra Capo Milazzo e Capo Tindari, ai piedi del promontorio sul quale si trova il santuario della miracolosa Madonna Nera. In lontananza, se il giorno era quello giusto, potevi ammirare Vulcano, Lipari ed immaginare la vita degli abitanti delle sette tra le più belle isole del mondo.
In quei momenti mi sentivo un’aquila imprigionata nella sua inquietudine, combattuta tra il desiderio fortissimo di proseguire verso l’orizzonte e quello di rimanere ancorata al proprio nido.
La prima volta che ho visto l’oceano ho provato un’emozione incredibile, mi mancava il fiato.
Il mio sguardo non riusciva a contenere quell’immagine, facevo fatica a cogliere le sfumature dell’acqua e fui colta da un senso di smarrimento. Ero andata oltre l’orizzonte e la mia inquietudine si era trasformata in paura di non farcela.
Con il tempo ho compreso ed accettato che appartengo alla categoria dei siciliani di mare aperto.
Esiste una definizione secondo la quale i siciliani si dividono in due grandi categorie: di scoglio e di mare aperto.
Di scoglio sono quelli che se si allontanano dalla Sicilia, il secondo giorno cominciano ad avere delle crisi di astinenza, gli mancano tutta una serie di cose [...] e il terzo giorno devono assolutamente tornare.
Di mare aperto sono quelli che fanno della loro sicilitudine una specie di patrimonio personale e lo utilizzano per vivere una vita diversa. In Sicilia ci tornano perché sta loro nel cuore, ma comunque scelgono di proiettarsi su un altro orizzonte».
La mia vita adesso è come un oceano, fatta di colori imprecisi, inesplorata come gran parte delle sue acque. Cerco di sopravvivere tra le basse e le alte maree, di non perdermi nella profondità dei suoi abissi, a volte mi sento in balia delle correnti e dei venti altre forte come solo l’oceano sa essere.
Non dimenticherò mai il mio mare, mi farò cullare dalle sue onde ogni qualvolta avrò bisogno di ritrovare la parte più vera di me. 

3 commenti:

  1. L'oceano osservato da un oblò è un'enorme ed uniforme macchia blu. Da 3000 piedi d'altitudine
    l'Atlantico perde tutta la sua poesia, semplicemente perchè non è vivo, non ha orizzonte e non ha movimento.
    Per quanto un volo traslantico possa essere eccitante, penso che l'oceano vada guardato dritto in faccia, come avete fatto voi: lo sciabordio delle onde, le rocce, la sabbia, il senso d'infinito e la linea del tramonto lontanissima che si confonde con il mare.
    Da donna di laguna vi invidio un pò!;-)

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  2. Il MARE è sempre stato per me simbolo di benessere, ricchezza, apertura mentale, colori e simpatia.
    Per una donna di montagna, figlia di un popolo abituato al freddo e al clima rigido, alla natura aspra, selvaggia e incontaminata, alle scampagnate sul fiume, alle passeggiate nei boschi in cerca di funghi, castagne e asparagi (a Campobasso "l'inverno dura nove mesi all'anno"), il mare è immensità, orizzonte aperto, pace, caldo.
    Nel mio ultimo viaggio in Argentina ho visto un mondo alla rovescia e ho modificato una mia radicata convinzione che in tutto il mondo il mare fosse ricchezza.
    In Argentina le città sono situate lungo i fiumi, il cibo è esclusivamente a base di carne, e la ricchezza è la TERRA, e tutto quello che essa produce (agricoltura, allevamento, risorse del sottosuolo).
    Ad eccezione di qualche città che prova a fare dell'oceano il suo business (Mar de Plata e le città nella Penisola di Valdès), tutto il resto del Paese vive nell'entroterra.
    In aereo da Buenos Aires alla proibitiva, freddissima ma ricca Terra del Fuoco (4.000 km), ci sono migliaia di km di nulla, le coste sono disabitate, e per noi italiani abituati ad avere sempre poco spazio, quel nulla dà una sensazione di infinito, quasi di smarrimento.
    A Puerto Madryn dalla finestra dell'albergo sul lungomare, a settembre, ho visto le balene, tantissime balene, le più grandi del mondo, le balene di Pinocchio. Era possibile vederle saltare a qualsiasi ora, spruzzare acqua, muovere continuamente le loro enormi code.
    Ma dei 40 milioni di abitanti su 2,8 milioni di kmq (l’Italia ha 58 milioni di abitanti su 0,3 milioni di kmq), 11 milioni vivono a Buenos Aires e dintorni, e quelli che vivono nelle poche città sull’oceano, essendo figli di una emigrazione interna, mangiano carne.
    "Il vero viaggiatore osserva e riconosce la diversità e la vive come ricchezza".
    Francesca.

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  3. Quest'anno le balene blu sono passate vicino alle coste della California e quindi anche a quelle della contea di LA. Non nuotavano abbastanza vicine da poterle scorgere a occhio nudo dalla spiaggia ma i loro spruzzi invece erano ben visibili perchè altissimi. Tutti parlavano di avvenimento e spettacolo eccezionale: concordo.
    Cristina

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