venerdì 22 aprile 2011

Buona Pasqua a voi!

Per me non sarà proprio un weekend di "vacanza" ... ma sarò comunque esattamente dove desidero stare, a fare quello per cui ho "lavorato" in tutti questi mesi, con la persona che sarà la mia famiglia ... quindi per me sarà una Pasqua perfetta!
A voi auguro di trascorrere un weekend pasquale di relax e di gioia ... e che il sole ci assista al di qua e al di là dell'Atlantico!
A presto,
Giulia

mercoledì 20 aprile 2011

Hmm...





Poi non dire che non ti avevo avvisato

'Alcune sostanze chimiche riconosciute dallo Stato della California come causa di cancro, di malformazioni neonatali o di altri danni riproduttivi, possono essere presenti nel cibo e nelle bevande vendute o servite qui.'

Questo è l'avviso a tutti gli avventori che i ristoranti californiani mettono in bella mostra nei loro ingressi. Non so se sia il ragionamento statistico (ma deve capitare proprio a me?) o la pura incoscienza (ma sì, che sarà mai!) sta di fatto che non ho mai visto nessuno uscire e rinunciare alla cena per la preoccupazione, anzi... dovreste vedere poi che piatti!


Inutile dire che il mio Ing. ed io, con lo sguardo perplesso e un po' beota, credo, come quando non riesci a distinguere se ti stanno prendendo in giro oppure sono serissimi, formuliamo sempre la magica frase: “un tavolo per due, grazie”.


Fido Fountain

E' domenica pomeriggio ed il mio Ing. ed io ci stiamo finalmente rilassando, riscaldati da un bel sole limpido, seduti su una panchina in un piccolo giardino pubblico da cui si ammira il mare dall'alto, quasi al termine della passeggiata sul lungo-oceano di Redondo.
Ecco cosa attira la nostra attenzione!
Fido fountain - dogs only please

Senza offesa, ma per me è il caso di dire: “Son proprio strani 'sti Americani!

E i gatti potranno usare la fontanella per dissetarsi? Non lo sapremo mai.




giovedì 7 aprile 2011

Take care...

Cristina: American Healthcare System

Capita sempre nella vita, prima o poi, di avere bisogno di un dottore ed infatti puntualmente l'occasione si presenta anche qui, in America.
Abituata ad un servizio sanitario nazionale pubblico, anche con tutte le pecche di quello italiano, ma rassicurante nella sua presenza e disponibilità per tutti, il mio approccio al sistema statunitense, basato praticamente solo su strutture mediche private, è sempre piuttosto diffidente, non tanto per la qualità dei servizi offerti, che pur nella mia limitata esperienza ho trovato ineccepibili, quanto per l'inevitabile dubbio amletico: accetteranno o no la mia assicurazione? Mi cureranno?
Per fortuna, ho imparato che se hai un'assicurazione e soprattutto una PPO (non vi spiego cosa significa e come funziona perchè è ancora un bel mistero anche per me) hai copertura praticamente ovunque e per quasi ogni problema di salute.
Ti puoi anche concedere una sorta di medico di famiglia, che non ti viene assegnato in base alla tua residenza (come il nostro famoso medico della mutua), ma te lo puoi scegliere tra i molteplici complessi della tua aerea, ma anche no, che potremmo definire poliambulatori e cambiarlo ogni volta che vuoi, se sei volubile appunto, oppure ogni volta che non sei soddisfatto, se sei incontentabile e visto che della tua salute si tratta, ma solo in questo caso, puoi considerare tale qualità un aspetto buono del tuo carattere.

Superata quindi la titubanza e il timore di non essere un paziente gradito, non perchè sei antipatico ovviamente, ma per mere questioni finanziarie, non puoi fare a meno di fare i confronti con i due diversi sistemi sanitari: quello italiano con cui sei cresciuto e quello americano di recente sperimentazione.
Sono e sarò sempre convinta che una società “civilizzata”, per considerarsi tale nella sua massima espressione, non possa prescindere dalla gestione pubblica dei fondamentali servizi dalle tre “esse”: sicurezza, scuola e sanità.
Questo però non significa che non ci siano buone modalità e procedure del privato che potrebbero essere attuate anche nel servizio pubblico per renderlo, forse, più efficiente; un esempio fra tutti: la valutazione del medico e della struttura sanitaria da parte del paziente.

Proprio qualche giorno fa infatti, ho ricevuto il questionario per la valutazione del medico che il mio Ing. ed io abbiamo scelto come “family care”; onestamente ne sono rimasta sorpresa, davvero non me l'aspettavo anche perchè mai prima d'ora mi era capitata la possibilità di esprimere un giudizio sul comportamento e la professionalità di un dottore.
Esistono anche siti di rating (ad esempio questo: healthgrades – guiding Americans to their best health) in cui puoi cercare e trovare il dottore o lo specialista che ti interessa con tanto di scheda riassuntiva delle sue qualifiche ed esperienze ma anche dei casi di negligenza professionale di cui si è reso colpevole con le eventuali relative sanzioni applicate (ad esempio la temporanea sospensione dall'esercizio della professione); si possono conoscere i tempi di attesa per ottenere un appuntamento e anche quanto mediamente si aspetta prima di essere ricevuti all'appuntamento stesso.

Me ne sono servita per scegliere uno specialista e mi è sembrato uno strumento utile soprattutto per me che sono straniera e senza la possibilità di approfittare del collaudato sistema italiano: il passaparola.
Ho fatto qualche ricerca in internet per capire se esistono siti italiani simili, ma non ho trovato nulla di paragonabile; le informazioni al massimo riguardano l'iscrizione all'ordine, le esperienze lavorative e solo di una ristretta cerchia di medici, magari iscritti a qualche associazione o struttura particolare, ma non c'è traccia di schede valutative (salvo smentite da parte vostra).

Immagino che nel sistema americano l'analisi del feed-back del paziente-cliente miri a spronare sia il funzionario sanitario “valutato” che si impegnerà al massimo per evitare sanzioni o al peggio il licenziamento, sia per la struttura medica che cercherà di fidelizzare la propria clientela, assecondandone nel possibile le esigenze.
Purtroppo il concetto di base è sempre lo stesso e non è propriamente nobile, trattandosi di salute e di esseri umani: aumentare il profitto (le assicurazioni pagano e i quattrini piovono, come è facile intuire!).
Perciò non scandalizziamoci se in queste realtà il termine “paziente” che già nel suo significato esprime la condizione propria del malato, la sofferenza, fa poi rima e non solo, con “cliente”.

Comunque posso testimoniare, pur con la mia modesta esperienza personale, che per come ti trattano non ti accorgi assolutamente di essere solo un banale elemento di un più complesso sistema di mercato.
Del resto al malato cosa interessa se non essere curato e considerato? (privilegio riservato negli States solo agli assicurati, purtroppo!). E come puoi non sentirti coccolato e al centro dell'attenzione quando il medico nella lettera di referto che ti spedisce a casa, ti saluta così?
La ringrazio per avermi permesso di partecipare alle sue cure. Si senta libera di chiamarmi per qualsiasi problema”... quasi quasi ti viene voglia di telefonare per offrire un caffè!


Enza: Quando il chirurgo è un fan di "Edward mani di forbice"

La Sicilia è una regione conosciuta più per le sue bellezze naturali ed artistiche che per un sistema sanitario pubblico efficiente.
Avrei molte cose da scrivere a proposito, ma riaprire pagine oscure della mia vita e soprattutto quelle di persone a me care, comporterebbe uno sforzo ed un impegno emotivo che al momento non sono in grado di sostenere.

E così preferisco raccontarvi quanto mi accadde nel marzo del 2000.
Al tempo ero una studentessa fuori corso all’università di Perugia ed una giovane donna nel periodo migliore della sua vita.

Un giorno mi trovo su uno di quei piccoli bus che raggiungono le vie interne di Perugia; alla guida c’è Stefano. Ad un certo punto sento un dolore lancinante alla parte destra del fianco e devo essere sbiancata parecchio perché alcune signore, età media 70 anni, si precipitano in mio soccorso.

Arrivo finalmente a casa ma il dolore non scema, anzi, così la mia coinquilina nonché amica carissima, Isa, dopo aver inutilmente provato a convincermi via cavo (è tornata a Viterbo dai suoi per il weekend!) ad andare in ospedale, chiama Salvatore, il nostro "fratello maggiore" del piano di sopra.
Così con Salvatore, che letteralmente mi obbliga a salire sulla sua punto verde, e con Simona, l’altra mia carissima amica, mi dirigo al policlinico di Perugia.
Poco ci manca che quei due sventurati sventolino il fazzoletto bianco dal finestrino.

Ebbene, arrivo intorno alle ore 12.00 del mattino al pronto soccorso; dopo un'attesa di almeno 2 ore mi portano in un’altra stanza per un’ecografia addominale. In quella stanza mi chiedono se ho la vescica piena e se ho bevuto almeno 2 litri d’acqua: eh già, io lo faccio ogni mattina, non si sa mai debba venirmi qualche malanno e debba fare un’ecografia!
Intanto piegata dal dolore, sento l’esigenza di andare in bagno ma ahimè non è possibile perché devo resistere almeno altre 2 ore!
Chiedo di darmi qualcosa ma mi viene detto che è tutto sotto controllo e che bisogna attendere l’esito dell’ecografia.

Intanto Salvatore e Simona al mio fianco mi consolano: ops! la memoria gioca brutti scherzi! Quella preoccupata e materna è Simona, Salvo non fa altro che farmi ridere, peggiorando la situazione!
Quando finalmente l’ecografista esce, cosa fa? Chiede a Simona di spogliarsi e di accomodarsi sul lettino... e Salvatore: "Dottore, ti piacerebbe ma è quest’altra che sta male!!!".

Fatta l’ecografia, emergenza assoluta! Bisogna operare immediatamente: appendicite acuta con rischio di peritonite. Devo essere trasferita in chirurgia senza perdere tempo. Ma assolutamente non posso camminare; ci penseranno loro al trasporto.
Così increduli, ci fanno salire tutti e tre sull’ambulanza e a sirene spiegate (mah! dentro il perimetro ospedaliero) ci conducono nell’altro stabile… distanza percorsa: 100 metri.
Non so più se sto male dal ridere o dal dolore. Mi sembra di vivere in un film comico ma tristemente vero.

Così intorno alle ore 17.00 sono su un altro lettino, quello del chirurgo che conferma la diagnosi di appendicite acuta e chiede ai miei compagni di sventura di andare a casa a prendere il necessario per la notte e per dopo l’operazione che avrò fatto da lì a qualche ora.
Alle 18.30, dopo aver chiamato casa e aver sentito mamma pronunciare le parole "Buona fortuna, ti voglio bene", prima di scoppiare in lacrime, sono già sul lettino pronta per l’anestesia.
L’ultimo ricordo è quello di Salvatore che mi dice: "Non ti preoccupare... ti tolgono un pezzo e poi siccome non puoi mangiare per un po', ti dimagrisci!"

Devo quindi ammettere che nel mio caso l’efficienza dell’ospedale è stata encomiabile, individuata la causa subito la cura!
Certo è un piccolo dettaglio il fatto che mamma, giunta in fretta dalla Sicilia con nonna a seguito, dopo aver costretto mio fratello a guidare tutta la notte, abbia chiesto ai medici se l’intervento fosse riuscito bene ed il medico abbia risposto: "l’intervento è perfettamente riuscito, si è trattato della rottura di una ciste ovarica... ma stia tranquilla, visto che ci trovavamo abbiamo tolto pure l’appendice!!!!".


Giulia: U.O.C. : Attendere prego …

Una fredda mattina di dicembre – A.D. 2009
Ore 7.30 – Ingresso U.O.C. (Unità Operativa Complessa … un nome più semplice no?) di Medicina di Laboratorio - Ospedale Civile di *** Provincia di Venezia.
Obiettivo della mattinata: riuscire a farsi fare le varie analisi prescritte dal medico di famiglia in tempo utile per raggiungere l’ufficio alle ore 9.00, possibilmente senza svenire visto che:
  1. soffro in maniera indicibile quando non posso fare colazione la mattina.
  2. non sopporto la vista del sangue!
Ore 7.35 – Prendo l’agognato bigliettino numerato e lo confronto con il display di fronte agli sportelli di accettazione: sono il numero 256 mentre i piccoli led rossi segnalano 163 … ci sono oltre 100 persone prima di me!
Ore 8.00: Attesa … (leggo un’interessante opuscolo sulla sordità)
Ore 8.30: Attesa … (ho fame!)
Ore 8.50: Attesa … informo la collega che non riuscirò mai a raggiungere l’ufficio per le 9.00 e non riesco a fornire un orario presunto di arrivo (sono in calo di zuccheri … se il primogenito della signora in avanzato stato di gravidanza seduta vicino a me allunga di nuovo la sua manina paffutella … me la mangio!)
Ore 9.15: E’ arrivato il mio turno; consegno la prescrizione medica per gli esami, tesserino sanitario e getto via l’odiato numerino.
Ore 9.20: Mi metto in fila davanti all’ambulatorio n. 4
Ore 9.50: Litri e litri del mio sangue vengono racchiusi mio malgrado in piccole fiale dal tappo colorato … sto per svenire …
Ore 10.15: Esco dall’Ospedale e mi fiondo al bar, ordino un cappuccino e addento la più grossa brioche a disposizione!

Una fredda mattina di dicembre – A.D. 2010
Ore 7.40: Ingresso Poliambulatorio privato *** provincia di Padova.
Obiettivo della mattinata: riuscire a farsi fare le varie analisi prescritte dal medico di famiglia in tempo utile per raggiungere l’ufficio alle ore 9.00, possibilmente senza incorrere negli inconvenienti sopra elencati.
Ore 7.55: Sbrigate le pratiche di accettazione mi siedo e, come l’operatrice in elegante divisa blu mi ha spiegato, attendo di essere chiamata.
Ore 8.05: Il mio cognome risuona nella sala d’attesa, seguo l’infermiera che gentilmente mi fa strada fino all’ambulatorio.
Ore 8.10: Litri e litri del mio sangue vengono racchiusi mio malgrado in piccole fiale dal tappo colorato (da questo punto di vista non cambia nulla … del resto sono qui per questo!)
Ore 8.25: Esco dalla struttura, potrò andare a ritirare i risultati delle analisi tra quattro giorni.
Ore 8.45: Sono al bar sotto l’ufficio e posso usufruire di ben 15 minuti di tranquillissima colazione!

Sebbene la storia sia condita con quella sana e rassegnata ironia tutta italiana, vi assicuro che tempistiche e procedure sono assolutamente reali.
La mia intenzione non è ovviamente quella di denigrare il Servizio Sanitario Nazionale, concordo infatti sul fatto che la salute è un bene primario e va tutelato senza tener conto di interessi commerciali ed economici, che caratterizzano tutto ciò che diventa “privato”.
Sarò ottusa o forse semplicemente un’illusa, ma ciò che continuo a non capire sono gli eccessi, le attese snervanti, anche per pratiche sanitarie del tutto banali, attese che sono sicura subirebbero una drastica riduzione se il Servizio Sanitario dedicasse maggiori risorse a quelle che vengono definite “prestazioni convenzionate”, ovvero quei servizi (visite, esami, etc …) che vengono pagati dallo Stato e forniti (di solito molto più efficacemente) da strutture private accreditate. Questo non significa avere una sanità privata, ma poter godere di una rete capillare di cliniche, che svolgano almeno le attività di routine, evitando così per esempio che le lungaggini di uno screening senologico si ripercuotano sulla salute di tante donne più o meno giovani.

Sono veramente orgogliosa del mio Paese quando al TG annunciano che un intervento innovativo è perfettamente riuscito in uno dei nostri grandi centri ospedalieri, e mi stupisco quando apprendo (da fonti sicure) che, a fronte del pagamento del classico ticket, un malato italiano può essere sottoposto ad un’operazione al cuore, che all’USSL può costare anche decine di migliaia di euro, senza che venga effettuata alcuna indagine sulle sue capacità economiche, ma semplicemente perché il medico ritiene che quella procedura sia necessaria.
Se solo questo coraggio, questa intraprendenza, questa convinzione nel perseguire il benessere della popolazione fosse sempre chiara e presente nella mente di chi gestisce, dirige e opera all’interno del Sistema Sanitario Nazionale forse, dico forse, l’Italia potrebbe far veramente invidia!