domenica 25 dicembre 2011

Happy Holidays!

Giulia: L'albero di Natale auto-gestito

Leggendo la rubrica “Le Regole”, dedicata alle decorazioni natalizie, sull' Internazionale del 2 dicembre scorso sogghignavo divertita di fronte alla prima “regola”: “Non hai ancora cominciato? Sei già in ritardo”, e dentro di me ripensavo al sarcastico snobismo, con il quale avevo osservato i primi Babbi Natale simil-ladro appesi dalla metà di novembre lungo i terrazzi del mio quartiere.
Il 2 di dicembre non mi sentivo affatto nella condizione di dover rincorrere lo spirito natalizio, e così è stato fino al 7 dicembre quando è arrivata una mail dalla mia cara amica d'oltreoceano che recitava testualmente: “… approfittiamo di varie occasioni per celebrare e sentirci in festa; ho già fatto l'alberello …”.

Poi, giovedì 8 dicembre, l’altra mia cara amica “romana” visitando per la prima volta la mia nuova dimora, asseriva contrariata: “Ma, non lo fai l’albero di Natale?”, risposta: “Si, lo farò tra qualche giorno.
Infine, sabato 10 dicembre ho avuto la cattiva idea di invitare a cena una delle mie più sincere amiche, la quale entrando in casa ha esclamato: “Ma vergognati: non hai ancora fatto l’albero!”, e poi ha cominciato a descrivere quanto bello, alto e soprattutto carico fosse il suo albero di Natale.
A quel punto ho pensato che forse la regola, sulla quale avevo superficialmente sogghignato, non è poi tanto bizzarra, le decorazioni natalizie sono uno dei tanti doveri femminili, a cui difficilmente anche la donna più emancipata può sottrarsi.
La dead-line è tradizionalmente stabilita l’8 dicembre, addobbare la propria residenza dopo tale data significa non essere una brava moglie/madre/compagna.

A voler fare un po’ di analisi, le decorazioni natalizie rappresentano per me un vero trauma infantile, che probabilmente posso dire di avere superato solo alla tenera età di 32 anni. 
Nella tradizione familiare la preparazione dell’Albero di Natale è appannaggio esclusivo della mia mamma, a detta di tutti dotata di un’ineguagliabile senso estetico e di una manualità che purtroppo non ho ereditato (fatto di cui lei è sempre stata perfettamente conscia). Ricordo che, da ragazzina le chiedevo di poter fare l’Albero con lei durante il weekend, ma un bel giorno tornando a casa la scuola lo trovavo già bello che addobbato. Splendido ovviamente, con un tocco di originalità che lo distingueva da quello dell’anno precedente. A volte mi veniva concesso il privilegio di appendere alcune decorazioni in legno o in vetro, ma dopo qualche giorno, osservando il falso sempreverde, mi accorgevo che gli addobbi che avevo personalmente predisposto erano stati spostati più su o più giù di qualche rametto. La giustificazione di solito era: “così viene rispettata la simmetria”.
Dopo qualche anno ho smesso di arrabbiarmi per questo, meditando la mia futura soddisfazione.

Ebbene, il 2011 è stato l’anno della rivincita:
1 Albero di Natale (artificiale): 25,00 euro
5 metri di lucine bianche: 15,00 euro
12 Palline rosso/oro: 8,50 euro
3 metri di Nastro decorativo: 4 euro

Il primo Albero di Natale auto-gestito non ha prezzo!


Cristina: Il Natale Americano

In ordine sparso, tutte le cose strane, insolite, anche irriverenti o simpatiche ovvero che a me sembrano tali, di cui ho preso nota in questo Natale Californiano:
  • la temperatura esterna: il tempo è davvero bello, le giornate sono molto limpide e nelle ore più calde si può stare tranquillamente in maniche corte... happy tropical Christmas!
  • le auto addobbate: orecchie di renne e naso rosso alla Rudolph the red-nosed reindeer
  • le case sfavillanti di luci: in un quartiere di Redondo si trova addirittura l'indicazione tipo “sito artistico” Christmas Lights
  • i ristoranti chiusi il giorno di Natale: ma non sono loro ad essere i fan dei 24/7 e che il business è una priorità? … mah!
  • gli auguri politically correct: un diretto Merry Christmas potrebbe risultare offensivo, meglio restare sul generico Happy Holidays!
  • il regalo del Comune di Redondo: parcheggio gratis per 2 giorni, la vigilia e Natale. 
  • la festa del Hanukkah: la festa delle luci ebraica come celebrazione del Natale...  mah!
  • l'assenza del presepe: il tradizionale albero decorato e illuminato è facile da trovare, ma il presepe una vera rarità; al suo posto ho visto tanti Frosty the Snowman, babbi natale e personaggi Disney
  • il Babbo Natale sulla tavola da surf: ero rimasta a quello appeso alle terrazze che sembra o un ladro o un pazzo disperato che sta per cadere
  • i biglietti di auguri troppo personalizzati e troppo... scritti: dal papà, dalla mamma, dai genitori, dai figli ai genitori, dai nipoti ai nonni, a qualcuno di speciale, di Natale romantici, dai nonni, dal vicino di casa, dal padrone al cane, dal cane al padrone (sì proprio così... mah!), a tema religioso (ma non dovrebbe per definizione essere l'unico valido a Natale?), tropical, divertenti, dall'ufficio al boss... con mille poesie e frasi preconfezionate; è proprio una mania americana il concetto del tutto pronto, tutto veloce, dal fast-food al fast-greetings-card!
  • il giorno di Santo Stefano non è festivo: è un giorno di lavoro come un altro
  • Il pandoro, il panettone e il torrone non sono dolci tipici di Natale: non so in effetti quale sia il dolce americano tipico di questa festa; so che è tipico l'eggnog ossia uno zabaione con noce moscata e cannella
  • la vigilia non è giorno di pesce: ma noi invece da bravi Italiani abbiamo rispettato la tradizione
  • qualche strana canzone alla radio: tipo questa – Grandma got run over by a reindeer (la nonna è stata investita da una renna) che so essere di qualche anno fa ma che in Italia non avevo mai sentito... è simpatica ma un po' irriverente. 
E per aggiungere al post anche un nota esotica ecco a voi i miei Auguri di Natale:
Mele kalikimaka is the Hawaii's way to say Merry Christmas to you!!

sabato 17 dicembre 2011

Il... tofacchino

Recentemente, mentre facevo la spesa da Trader Joe's, una catena di alimentari molto gettonata perché vi si trovano prodotti di qualità tra cui parecchie bontà italiane, curiosando nel reparto frigo mi sono imbattuta in questa...
cosa qui sotto.
  

Senza offesa per nessuno, soprattutto per i vegetariani cui il “prodotto” è indirizzato, ma se proprio la carne non la si vuole mangiare perché volerla sostituire con degli improbabili surrogati derivati dalla soia? Carenza affettiva di proteine animali? Eppure non sarebbe difficile essere vegetariani con la dieta mediterranea: pasta, pizza e verdure a volontà, in mille modi appetitosi, senza nessun rimpianto per l'affettato di tacchino; ma qui è un altro mondo, qui siamo in America e il sandwich al tacchino è icona di identità nazionale... o il tofurky cioè il tacchino di tofu (tofacchino è una mia libera traduzione) viene venduto anche in Italia?