giovedì 6 ottobre 2011

“ Il mondo è stato fatto per gli uomini, e non per le donne”

Ho 37 anni , per la società una giovane donna
Per il mondo del lavoro “fuori dal mercato”.
Ho una laurea 110 e lode, anni di studio all’estero, specializzazioni e master
Per il mondo accademico “non sufficientemente preparata
Per il mondo del lavorotroppo qualificata
Per lo stato civile “coniugata
Per la Chiesa “depositaria di una nuova vita
Per la medicina “al limite dell’età fertile
Per lo Stato “un’ottima contribuente
Per mio marito “una donna importante
Per il mondo del lavoro una “segretaria efficiente”.

Al bar “signorina, cosa prende?”, sono una donna laureata
Al bar “dottore, cosa prende ?” , è un uomo senza laurea
Al telefono: “Signorina, ho capito, ma posso parlare con un suo superiore?”
Al telefono: “Dottore, la ringrazio infinitamente”.
I dirigenti a me: “Cara, andrebbe a comprarmi il giornale?”.
I dirigenti all’uomo senza laurea: “Carissimo, tutto bene? Andiamo a pranzo?” (pacca sulla spalla).

Ho un’esperienza  di lavoro di 10 anni: capo reparto, capo settore, buyer, area manager retail.
Il mio premio:  “Ci farebbe un caffè?”.
Ho gestito persone, soldi e uffici, ora sono  “la  ragazza che ….”.

Non importa chi sei, cosa hai fatto e cosa sai fare, qualcuno avrà sempre bisogno di piazzare una figlia, una parente o l’amante al tuo posto.
Non importa se hai la stoffa e la voglia di affrontare una sfida lavorativa più ambiziosa, qualcuno meno dotato ma più sfacciato di te, ha già preso quel posto.
Non importa se hai sempre lavorato onestamente e a testa bassa, qualcuno sta già pensando a come farti le scarpe.
Non importa se non ha mai danneggiato l’immagine della società o delle persone per cui lavori, nessuno ti chiederà di indicarlo sul curriculum né ti riconoscerà alcunché.

Ho 37 anni, sono una donna, felice di esserlo!

3 commenti:

  1. Di commenti su questa situazione ne ho fatti tanti, forse troppi. Ci diciamo sempre: "noi siamo superiori queste sterili macchinazioni non ci toccano" e invece ogni volta ci resta l'amaro in bocca.
    Enza, dovremmo seguire proprio il tuo consiglio: essere felici di poterci guardare allo specchio la mattina, perchè quello che abbiamo l'abbiamo ottenuto onestamente, solo con le nostre forze.

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  2. Capisco perfettamente la situazione soprattutto riferita alla frase emblematica del titolare/capo “questa è la ragazza che...” convinto magari che usare il termine” ragazza” nonostante l'età, racchiuda pure un velato complimento (patetico!).
    Ma qual è il messaggio? “Caro cliente o collaboratore esterno, questa che ti presento lavora per me ma praticamente non vale un cazzo (scusate il linguaggio che non è il mio ma il suo) però in quanto a caffè se la cava bene per cui, se vuoi, basta chiedere; è sottinteso che non è il caso di discutere di argomenti importanti con lei.”
    Ma a che pro far capire all'esterno che ci si avvale delle prestazioni di persone incapaci? Non ne va di mezzo il buon nome dell'azienda? Mistero!
    Pensiamo inoltre che sia una mentalità da bassi fondi, da piccolo imprenditore “non studiato” ma intraprendente e che si è fatto da sé al quale poverino manca però quella base culturale che se fosse andato a scuola forse, ma proprio forse, gli avrebbe permesso di elevare lo spirito e il senso critico e ancora forse, ma proprio forse, gli avrebbe acceso il lume della riflessione sui principi di rispetto reciproco, uguaglianza dei diritti tra le persone ecc.? No!! è una mentalità ben radicata e soprattutto avvallata dalle più alte istituzioni. Questo è successo oggi in parlamento! Da “forza gnocca” a “fatti scopare” (http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/10/06/berlusconi-nuovo-governo-mi-fano-ridere-con-tremonti-assoluta-concordia/162502/)
    Ne verremo mai fuori?
    Però ho lavorato avendo anche un capo donna ed è stato terribile in fatto di umiliazioni. Il suo motto era: “se non sei stronza non fai carriera!”. Neanche le donne hanno però le idee chiare mi sembra.
    Chi può gioisca dei propri successi personali e lavorativi nel proprio microcosmo... consoliamoci così ;)
    Cri

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  3. “Che coraggiosa mia moglie, ha lasciato il lavoro per crescere i figli e non dover delegare nonni o asilo nido, veramente una gran donna!”.
    Così ha esordito il mio vicino di casa, artigiano pieno di soldi ma molto poco istruito a giudicare dalle frasi sgrammaticate che spesso articola, intervallate da espressioni dialettali lombarde che dopo 10 anni ormai comprendo benissimo.
    Voleva forse tra le righe farmi capire qualcosa?
    Io ho una bambina di 5 mesi che a febbraio dovrà andare al nido un’intera giornata perché io lavoro sapendo solo il mio orario di ingresso, tra le 8.30/9.00 e non potendo mai prevedere l’orario di uscita, variabile dalle 19.00 alle 21.00, spesso anche oltre.
    Se voleva farmi irritare c’è riuscito benissimo, benché io abbia rinunciato a controbattere per evitare di litigare.
    Proprio adesso che mi sto logorando al pensiero di dover lasciare a breve mia figlia in mani estranee e per tante ore, non avendo i familiari vicino (i meravigliosi nonni che risolvono tanti problemi nelle giovani famiglie di oggi). Non so come farò, non riesco ancora a pensarci e ad immaginarlo, e non so se riuscirò a conciliare la vita familiare e lavorativa, forse perché mia figlia mi sembra ancora così piccola e forse perché non mi sono ancora mai separata dal lei per più di 2 ore.
    All’inizio credo che mi aiuteranno le ore di allattamento che ridurranno il mio normale, anzi, “anormale” orario di lavoro, dopodiché credo che impazzirò…”Che coraggiosa mia moglie…veramente una gran donna!”
    Francesca

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