venerdì 17 giugno 2011

Istantanee da un trasloco

Perché  ogni lunedì la mia settimana si apre con la lettura delle opinioni di Tim Harford?
Sarà perché Tim Harford incarna la versione economica di Charlie Eppes, il protagonista di Numb3rs, serie televisiva che apprezzo particolarmente, malgrado la mia atavica avversione alla matematica.
Sarà perché fin dai tempi della scuola ho sempre ammirato chi cercava di spiegarmi concetti complessi con esempi chiari e tangibili, applicando alla vita di tutti giorni teorie all’apparenza puramente dottrinali.
O più semplicemente sarà perché mettono di buon umore, sono divertenti, sarcastiche e per quanto la risposta abbia una motivazione apparentemente inaspettata o esageratamente tecnica, il consiglio che se ne ricava è sempre dotato di un inconfondibile buon senso, come nella migliore tradizione de “La posta del cuore” (vedi per esempio “Il suicidio si rimanda” del 09/11/2010: per convincere l’aspirante suicida a rinunciare al suo progetto si tira in ballo addirittura la teoria delle opzioni reali!).

Così nei trafelati giorni del trasloco non ho potuto fare a meno di ripensare ad uno degli articoli di Tim, intitolato “Vivere insieme”, non tanto per la problematica legata alla convivenza e vendita dell’appartamento, problema che nel nostro caso non sussiste, quanto per la riflessione squisitamente pratico-operativa che quell’articolo mi ha ispirato, ovvero: ma come fa quel disgraziato a gestirsi la vita in due case? Come fa a ritrovare le sue cose?
A più di un mese dal trasloco nella nostra nuova casa non è raro sentire urla primordiali quali: "ma dov’è finita la mia polo blu/la cucitrice/le ciabatte da piscina/il pettine a denti larghi …?”. La risposta riguardo all’ubicazione dell’oggetto nel 90% dei casi è: “l’hai lasciato di là!”, quando per “di là” si intende il precedente domicilio, con il risultato che la citazione conclusiva è: “ricordami che quando passiamo lo andiamo a prendere!”.
Inoltre il termine “casa” ha assunto nell’ultimo periodo un significato per noi quanto mai aleatorio, si ripetono infatti spessissimo le stesse conversazioni telefoniche: 
“Dove sei?”
“Sono a casa”
“Quale?”
“La nuova” (e sottolineo che il tono a questo punto della conversazione è leggermente scocciato).
Così per evitare inutili disquisizioni logistiche, abbiamo deciso di indicare la nostra posizione con il nome della località geografica in cui si trova l’abitazione.
A voler essere cinici dunque nel caso specifico non avrei dubbi: indipendentemente dal valore conferito alla storia d’amore in corso, venderei l’appartamento.
Il rapporto con il mio compagno potrebbe provocarmi dei gran mal di testa, i quali però sarebbero sicuramente inferiori rispetto a quelli che dovrei patire nel caso in cui la mia routine, già di per sé convulsa, fosse divisa tra due case … avere UNA vita in un’UNICA abitazione non ha prezzo, per tutto il resto ci sono buone dosi di pazienza e di camomilla! 
Giulia

1 commento:

  1. Avere 2 case da gestire, al momento, non è proprio una possibilità contemplata nella nostra agenda.
    L'esperienza però mi ha insegnato che l'attaccamento alle proprie cose è inversamente proporzionale al numero dei traslochi vissuti. Al momento 3/4 della mia casa italiana è in storage e non ne sento minimamente la mancanza!
    Giulia, datevi tempo, siete ancora nella fase del rodaggio, fra un po' la parola casa avrà un significato unico: sarà la vostra e basta e non dovrete più specificarne le coordinate geografiche e quello che avrete dimenticato in quella vecchia rimarrà lì come un ricordo del vostro passato di single... fidati ;)
    Cri

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