martedì 22 febbraio 2011

L'altra parte del mondo: non è poi così lontano!

In questi giorni, per motivi di salute seppur non gravi, sono purtroppo costretta a rimanere a riposo più di quanto la mia innata pigrizia mi consigli di fare. Lo so, c'è di peggio e inoltre posso approfittare di questa momentanea semi-immobilità per leggere e tenermi aggiornata sui fatti del mondo e dell'Italia soprattutto... sob!

In questi giorni ciò che vedo e vivo della California è quel pezzettino di oceano e di strada che riesco a scorgere dalle finestre di casa: niente di nuovo da rilevare quindi.
Qualcosa però da raccontare da qui, dall'altra parte del mondo, ce l'ho lo stesso perchè in questi casi (se avrete la pazienza di continuare a leggere capirete) non bastano 10.000 km per trasformare la preoccupazione in indifferenza.

Il 17 febbraio scoppia la rivolta del popolo libico contro il proprio dittatore e oppressore; qualche giorno dopo i manifestanti, i civili, vengono bombardati dai caccia: è guerra civile.
Sono profondamente scioccata alla notizia dei bombardamenti sulla folla, una violenza inaudita, inaccettabile che ti stringe lo stomaco e non accetta giustificazioni di sorta.

Immediatamente il mio pensiero corre ad una persona che lavora a Tripoli, un'amica che non frequento più da molto tempo ma di cui sono periodicamente informata da un'amica comune.
Mi precipito a scrivere una mail (per motivi di fuso non telefono) a lei, all'amica comune, per chiederle se ha sue notizie.
Mi risponde a distanza di ore (sempre il fuso questo intruso); è preoccupatissima, riesce ad avere qualche informazione solo dalla mamma che le conferma che la figlia non può comunicare né con internet né con il cellulare ma solo attraverso le linee del telefono fisso.
Mi spiega che si trova con 2 colleghi italiani e insieme hanno deciso di raggiungere l'aeroporto cittadino nella speranza di riuscire a prendere un volo per l'Italia, altrimenti l'alternativa, poco felice e poco sicura, aggiungo io, si chiama Tunisia.
Non posso non chiedermi come potranno fuggire, forse con la macchina nonostante il terrore consapevole dei cecchini e dei mercenari che sparano sulla folla e all'impazzata.

Provo un'ansia indescrivibile e la immagino a vivere e ad affrontare una situazione di guerra e di disordine che per noi Europei delle generazioni post-belliche è quasi inconcepibile.
Le scene di guerra le vediamo nei film e ormai ci siamo praticamente assuefatti se non siamo addirittura incantati dagli effetti speciali, ma quando le esplosioni le senti con le tue orecchie e vedi con i tuoi occhi l'orrore penso che si apra una ferita nell'anima profonda, difficile da rimarginare, anche se per te finisce tutto bene... ma poi non sei più lo stesso!

Per un paio di giorni nessuno ha più notizie, la nostra amica comune è preoccupatissima e non sa come fare per avere almeno la rassicurazione che tutti e tre i colleghi stiano bene. Poi ieri sera, lei, dalla Libia, fa sapere sempre tramite la mamma, che si trova in aeroporto a Tripoli, ha in mano un biglietto per il giorno seguente, ma spera che il volo parta prima.
Questa mattina, verso le 10.00 californiane e cioè le 7.00 di sera italiane, ricevo un sms dalla nostra amica comune; è laconico ma racchiude in sé la forza dirompente della buona notizia.
Riesco quasi a vedere i muscoli del suo viso che si rilassano, il ghigno serrato per la tensione che lascia il posto al sorriso: “E' a Roma”.
E poi scendono le lacrime.

Un pensiero a chi è morto e sta morendo nella lotta per la propria libertà e dignità di essere umano.

4 commenti:

  1. Mi hai riportato alla realtà, Cri. La mia casa a soli 15 km da Fiumicino ed io che continuo a vivere la mia vita tra le piccole difficoltà quotidiane,che diventano insormontabili nei momenti no.A soli 15 km, qualcuno è appena scampato all'inferno e per la seconda volta rinasce!...e poi scendono anche le mie lacrime perchè qualcuno continua a morire per la propria libertà, altri rinnegano chi è morto per la sua!

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  2. Sono queste le "piccole" storie che fanno la Storia, quella con la "S" maiuscola.
    Le storie di gente normale che vive e lavora per dovere o per passione in paesi complicati, e che si trova di punto in bianco al centro del terrore, della guerra civile.
    Questi racconti, anche se trasposti da una terza persona, tu Cri in questo caso, a mio parere hanno sicuramente in un impatto infinitamente più forte sulle nostre coscienze rispetto alla retorica delle analisi con la quali editorialisti e storici riempiono le colonne dei giornali in questi giorni di fuoco e fiamme.
    A questo punto cosa sperare, se non che le violenze abbiano fine e che finalmente il popolo libico possa ottenere pace e libertà.

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  3. Stavo pensando al prossimo post (a dir la verità è già pronto) ... ma tutto quello di cui potrei parlare, o meglio scrivere, mi sembra estremamente frivolo rispetto alla situazione in Nord-Africa... non c'è un argomento che possa "competere" con quanto è riportato qui sopra. Di solito si dice che la vita va avanti ... ma è questa la normalità?

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  4. L'intento di quello che scriviamo, almeno per me è così, penso sia quello di lasciare traccia di un'esperienza, di un'emozione sia che provenga da un evento drammatico sia che arrivi da un evento gioioso e a volte anche frivolo, perchè no: è la vita. E secondo me l'insegnamento più grande che i giovani dei paesi maghrebini ci stanno offrendo è proprio questo: sono vivi e combattono per poter vivere meglio a costo, nel paradosso, proprio di perderla la vita!!! Per cui vai Giulia, pubblica il tuo post, perchè anche le tue emozioni e le tue esperienze sono vita che vale la pena di essere celebrata.
    Cri

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